Il Simbolo come risultato della trasformazione di ciò che è percepito in accordo con le necessità della coscienza
In questo campo si esprime la funzione compensatrice del simbolo come riferimento e come organizzatore dello spazio.
In Teothihuacàn (nelle vicinanze di Città del Messico) si osserva la funzione che compie la piramide all’interno della valle e cioè quella di ordinare e di dare un riferimento nello spazio piano circostante.
Nel contempo, essendo questa un punto di osservazione e di dominio della distanza, compie anche un obbiettivo di difesa militare. Inoltre è stata utilizzata come “macchina” astronomica e come elemento di bellezza, potere, grandiosità e permanenza.
Nella coscienza collettiva il simbolo ha la funzione di ordinare spazi e permanere nel tempo.
Il simbolo espresso nella coscienza collettiva tende a definire il centro in un campo aperto e a consentire una permanenza nel tempo per la durevolezza dei suoi materiali. Le due categorie principali di tempo e di spazio giocano un ruolo importante per la mente collettiva nella strutturazione di questi simboli e nella loro funzione: ordinare spazi e rimanere nel tempo.
La necessità di dare riferimenti – non solo astratti – e di formalizzarli poi simbolicamente inquadrando spazi, è una necessità che appare nella coscienza dopo essersi manifestata nell’ambito dei sensi e della memoria.
È notevole il significato psichico della forma geometrica semplice ed invariabile. Agli occhi dell’osservatore, l’idea di immortalità e di resistenza al tempo che trascorre, è molto vicina all’universalità propria delle figure geometriche.
I grandi monumenti-simbolo di solito sono il risultato dell’impresa collettiva di tutto un popolo durante un lungo periodo di tempo. Questo progetto produce unità psicologica e politica, mentre assorbe risorse, occupa mano d’opera ed amplia aree di transito e sfruttamento per l’apertura di cantieri, cammini, sistemi di approvvigionamento, commercio, ecc. Nessun popolo può intraprendere costruzioni di tale monumentale importanza se la sua coesione interna, la sua base economica ed il suo sviluppo psichico non sono consolidati. Molte grandi opere sono considerate oggi come rovine di monumenti-simbolo, quando in realtà non furono mai completate per la mancanze di alcuni dei fattori menzionati. Altri tentativi erano concepiti all’interno di un piano grandioso e terminarono in maniera modesta, risultando degli assurdi costruttivi per gli osservatori a posteriore.
Il simbolo come espressione di produzioni individuali nel quale si osserva, la funzione compensatrice della coscienza di fronte ai fenomeni esterni quando questi non sono compresi completamente. La sintesi simbolica compensa quelle difficoltà.
Nel Shri Parshva Yantra (pittura del Rajasthàn del secolo XVII^) si osserva una “mandorla” tantrica in cui due serpenti, rappresentativi dell’energia o “forza Kundalini”, sono obbligati ad attorcigliarsi in maniera tale da indicare i “chacras” o i centri di forza. Questa allegoria serve, a sua volta, anche di inquadramento per la visione simbolica che include una croce tanatica, la quale si converte nel centro manifesto. Questa croce assorbe l’attenzione verso il centro, facendo perdere energia ai centri manifesti della mandorla. Tutto il problema di movimento dell’energia che si sposta nell’allegoria si risolve concentrandola mediante un simbolo di doppio arco che porta l’energia ad un centro manifesto nella croce e che la trasforma e la sposta verso i poli di tensione mediante delle frecce indicatrici per farla poi circolare fra le due forme a mandorla.
Questa produzione simbolica si basa sui principi di concentrazione, di diffusione e di sviluppo dell’energia.
Il che svela, ancora una volta senza comprenderlo teoricamente, lo yoga tantrico, che comunque si esprime come simbolo trasformando realtà e manifestando verità semplici. Le numerose difficoltà che si presentano per la comprensione teorica o verbale di un qualsiasi argomento, si risolvono, come abbiamo visto, nel campo della simbolica. Quando alcune verità non sono comprese completamente, la sintesi simbolica compensa quelle difficoltà. Per questo motivo l’ornamento plastico, nei cosiddetti popoli primitivi, acquista una grande importanza in quanto traduce impulsi interni a livelli rappresentabili.
Il simbolo come traduzione di impulsi interni
Vediamo un esempio, che appartiene più al campo allegorico che a quello simbolico, e che permette di capire meglio i meccanismi di traduzione di impulsi interni in forme esterne (figura a sinistra).
Una persona mentre dorme sogna che sta viaggiando in una nave, si alza per andare al bagno, e questo appare come un pozzo molto amplio. Inizia ad orinare e, improvvisamente, dal pozzo escono dei leoni che si lanciano contro di lui.
Il grande spavento lo blocca e fugge impaurito. Si sveglia e va, effettivamente, al bagno.
In un primo momento del sogno l’impulso cenestesico è tradotto più o meno fedelmente come immagine, permettendo al soggetto di disporsi ad eseguire le sue necessità tranquillamente senza influire sul sogno e senza svegliarsi. Ma in quel momento sorge il riflesso inibitorio, registrato nell’infanzia che gli impedisce di orinare nel letto, questo è rappresentato plasticamente con l’immagine dei leoni.
Inizialmente i leoni provocano il riflesso di difesa e quindi di fuga, impedendo la minzione e poi lo svegliano, poiché la sensazione è diventata intollerabile.
Non si deve presumere, come nella psicanalisi, che ad esempio i leoni sono il simbolo della repressione. I leoni sono una allegoria dinamica che, scatenando una risposta di fuga, impediscono al dormiente di bagnare il letto e sono anche coloro che svegliano gli amichevoli servitori che risolvono il conflitto.
Il simbolismo nel sogno e nella produzione artistica risponde generalmente agli impulsi cenestesici tradotti nel campo della rappresentazione visiva.
Questo è valido anche nella simbolica mistica, negli stati patologici o di allucinazione.
I simboli realizzati dagli abitanti di Puebla (Messico) con disegni di differenti colori sono particolarmente interessanti (figura a sinistra).
Inizialmente questi simboli erano prodotti da coloro che ingerivano allucinogeni. Le figure centrali erano solitamente di irradiazione e i differenti inquadramenti producevano contrasto. Le forme morbide e le sequenze di toni, a partire ad esempio dal centro di un fiore, producevano una chiara sensazione di percezione allucinata per gli effetti del peyote.
A cominciare da queste opere, originali del Messico, si sono sviluppati numerosi lavori. Questi hanno circolato in seguito in diverse zone del mondo, e configurano la base plastica di moltissime produzioni di tendenza psichedelica.
Quanto detto è valido per i tre esempi qui sotto.
Un altro caso di manifestazione simbolica, come traduzione di impulsi interni, è il gesto in generale ed il mudra in particolare che appare in tutti i popoli del mondo.
I gesti universali di punta o di irradiazione ed i gesti di circolo o concentrazione, corrispondono anche a simboli che abbiamo commentato precedentemente.
I mudra sono casi specifici di manifestazioni gestuali già codificate, che costituiscono certi linguaggi rituali magici immemorabili, in cui ogni dito ha un ruolo determinato.
Sono caratteristici del buddismo antico e del tantrismo e sono molto usati nelle danze tradizionali; altrettanto succede tra gli aztechi e i maya nelle cui opere plastiche sono ripetutamente osservabili, per esempio i mudra di dilazione e di protezione.
Esistono mudra di orazione, di benedizione, di perfezione, di argomentazione ecc.
Infine, prendiamo in esame gli atteggiamenti corporali generali in cui appare la posizione eretta e dinamica del corpo umano e quella ripiegata su se stessa.
Anche le posizioni del corpo sono un caso di manifestazione simbolica, conosciute in tutto il mondo e corrispondono alle distinzioni fatte in merito ai simboli di punte e di circoli.